Il livello di investimenti in ricerca e sviluppo in Italia è ancora inferiore a quello degli altri Paesi dell’UE, come evidenziato dal Country report for Italy 2020 della Commissione europea.
È vigente e operativo dal luglio 2016 il Programma nazionale per la ricerca (PNR) per il quinquennio 2015-2020, adottato con delibera del CIPE 1 maggio 2016, che si fonda sugli obiettivi europei di Horizon 2020.
Nel corso dell’attuale legislatura, con il D.L. n. 34/2019 (articolo 26, comma 6-bis), sono state precisate le modalità di ricognizione – da parte di Cassa depositi e prestiti – delle risorse non utilizzate del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca (FRI) da destinare alle finalità di R&S perseguite dal Fondo per la crescita sostenibile. Sono state poi introdotte agevolazioni per progetti di R&S finalizzati alla riconversione dei processi produttivi nell’ambito dell’economia circolare (D.L. n. 34/2019, articolo 26) e, nell’ambito della riforma degli incentivi fiscali delle misure “Industria 4.0”, è stato introdotto il nuovo credito d’imposta per investimenti in ricerca e sviluppo, in transizione ecologica, in innovazione tecnologica 4.0 e in altre attività innovative (Legge di bilancio 2020, L. n. 160/2019).
Il decreto-legge n. 34/2020, adottato nel contesto dell’emergenza COVID-19, prevede vari interventi normativi in materia di R&S. Si segnala, in particolare, l’istituzione del “Fondo per il trasferimento tecnologico”, con una dotazione di 500 milioni di euro per il 2020, finalizzato alla promozione di iniziative e investimenti utili alla valorizzazione e all’utilizzo dei risultati della ricerca presso le imprese operanti sul territorio nazionale, con particolare riferimento alle start-up innovative e alle PMI innovative.
Ricerca e innovazione in Italia: alcuni dati. Secondo i dati diffusi dalla Commissione UE nella Relazione per paese relativa all’Italia 2020 (COM (2020) 150 final del 26 febbraio 2020), per quanto riguarda la strategia Europa 2020 e, in particolare, rispetto all’obiettivo di R&S stabilito nel PNR (1,53 % del PIL), l’Italia ha compiuto progressi limitati negli ultimi anni e non è sulla buona strada per conseguire il suo obiettivo. Nel 2018 l’intensità di R&S è stata pari all’1,39 % del PIL.
La spesa pubblica per R&S è in calo dal 2013, e nel 2018 ha raggiunto lo 0,5 % del PIL, il secondo livello più basso tra i paesi dell’UE-15. Sebbene la spesa per R&S delle imprese sia in aumento negli ultimi anni (nel 2018 ha raggiunto lo 0,86 % del PIL), il livello rimane nettamente al di sotto della media dell’UE (1,41 %).
Di conseguenza, il numero di ricercatori ogni mille persone attive occupate dalle imprese è pari solo alla metà della media UE (2,3 % contro 4,3 % nel 2017).
Dal 2017 gran parte della crescita della R&S è attribuibile all’attività di nuove imprese che investono in R&S, mentre è rimasta stabile la spesa delle imprese che presentavano già buoni risultati per quanto riguarda la R&S. I dati preliminari per il 2019 indicano un aumento della spesa privata per R&S. la spesa in R&S è rimasta bassa e disomogenea tra le regioni italiane. Vi è ancora margine per razionalizzare ulteriormente e stabilizzare gli incentivi più efficaci.
Il Fondo Nazionale per l’Innovazione è stato istituito, ma non è ancora operativo. Rimangono modesti gli investimenti pubblici nelle regioni meridionali, il cui debole ecosistema non consente loro di beneficiare appieno delle misure nazionali.
Il previsto rafforzamento della clausola relativa al 34 % degli investimenti potrebbe contribuire a ridurre le disparità regionali.
Il Sud è in ritardo in termini di ricerca, sviluppo e innovazione. La spesa più elevata per la ricerca e lo sviluppo in percentuale del PIL si registra nell’Italia settentrionale.
Le regioni che ottengono i migliori risultati (Piemonte, Emilia Romagna e la provincia autonoma di Trento) spendono in ricerca e sviluppo oltre il triplo rispetto alla regione con le prestazioni peggiori, la Calabria (0,52 % del PIL).
Tra le regioni italiane si registrano ampie differenze anche in termini di occupazione nei settori ad alta tecnologia. Nel 2017 oltre la metà dei datori di lavoro nei settori ad alta tecnologia era ubicata nel Nord Italia, il 28,4 % nel Centro e solo il 15,2 % al Sud.
Programma nazionale per la ricerca (PNR) 2015-2020 Il Programma nazionale della ricerca (PNR) per il quinquennio 2015-2020 è stato adottato con delibera del CIPE 1 maggio 2016, ai sensi degli artt. 1 e 2 del D.Lgs. n. 204/1998.
Esso è pienamente operativo dal luglio 2016. Il programma determina gli indirizzi e le priorità strategiche per gli interventi a favore della ricerca, definendo il quadro delle risorse finanziarie da attivare.
Il PNR è organizzato intorno a sei obiettivi strategici, ai fini del raggiungimento del target europeo al 2020 per il nostro Paese (spesa in R&S pari all’1,3% del PIL): – capitale umano, – internazionalizzazione, – infrastrutture di ricerca, – cooperazione pubblico-privato, – Mezzogiorno, – efficienza e qualità della spesa pubblica.
Sulla base di tali obiettivi, il PNR individua dodici Aree di specializzazione delle competenze rilevanti del sistema nazionale di ricerca, intorno alle quali strutturare politiche e gli strumenti nazionali e regionali, in coerenza con la Strategia Nazionale di Specializzazione Intelligente (SNSI) presentata dall’Italia nell’ambito della programmazione dei Fondi Strutturali 2014-2020.Si ricorda in questa sede, rinviando per un’analisi più approfondita al relativo tema dell’attività parlamentare, che il programma quadro per la ricerca Horizon 2020 (Regolamento (UE) n. 1291/2013) è della durata di sette anni (2014-2020), ed in esso sono integrati tutti i finanziamenti europei per la ricerca e l’innovazione.
Le 12 aree – sottoposte alle Regioni come base per la costruzione della loro strategia – sono:
- Aerospazio
- Agrifood
- Cultural Heritage
- Blue growth
- Chimica verde
- Design, creatività e Made in Italy
- Energia
- Fabbrica intelligente
- Mobilità sostenibile
- Salute
- Smart, Secure and Inclusive Communities
- Tecnologie per gli Ambienti di Vita.
Le 12 aree sono state poi organizzate in 4 gruppi di carattere omogeneo, cui sono ascritti strumenti di sostegno e sviluppo differenziati.